SWITCH Magazine

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TRA SOGNO E REALTA’: L’UNIVERSO DI SANDRINE PHILIPPE

Dopo gli studi di fashion design in Francia ed il lavoro con due grandi nomi della moda, quali Popy Moreni e Courrèges, Sandrine Philippe è riuscita nell’impresa di creare un brand che portasse il suo nome. Emozioni, ricordi e fantasie sono solo alcune delle percezioni che gli abiti dovrebbero essere in grado di suscitare in noi, secondo l’originalissima visione della designer francese. E, in effetti, con Sandrine si dovrebbe parlare di quella Moda (sì, scritta con la M maiuscola) che molto condivide con altre espressioni artistiche, di quella Moda che produce un insieme d’immagini e rappresentazioni che abitano nelle nostre fantasie. Per capire che l’universo della stilista sia qualcosa che molto ha a che fare con il fantastico, il sogno e il recupero del passato, basta guardare la sua collezione per la primavera/estate 2015.

I materiali utilizzati sono soprattutto cotoni, jersey non lavorati, pellami che paiono aver subito un qualche processo di combustione, ma non mancano siliconi e tecniche tie and dye che vanno a creare dei tessuti visivi in grado di mantenere un’estetica al contempo misteriosa e profonda. Non solo, i tagli innovativi – che gettano le basi per il concetto della cosiddetta “seconda pelle”- sono uniti a sapienti tecniche artigianali, sempre meno visibili nel mondo della moda, e insieme ai colori, che variano dal bianco “sporco”, “vissuto”, al nero e al verde provocano nell’osservatore sensazioni che sono al limite tra l’umano e il selvaggio. “Arakhnea” non poteva essere più rappresentativo del fantasioso cosmo di Sandrine.

Creato in collaborazione con il ballerino e coreografo del Teatro Instabile di Aosta, Marco Chenevier e con il fotografo Maxime Leyravaud, questo cortometraggio non è che una sintesi delle competenze, identità ed energie dei tre artisti, che con la fusione d’immagini ricercate e coreografie, riescono a rappresentare la propria personale visione artistica. L’universo dentro il quale veniamo proiettati, è un universo fantastico, dove le memorie, l’immaginazione e il tempo passato sono contemporaneamente fusi assieme. Così vediamo strane creature, dalle sembianze quasi disumane, abitare un vecchio edificio dentro al quale danzano tra solitudine, finzione e realtà interrogandoci sulla bellezza della vita. Al di là del senso puramente estetico, questo fashion movie riesce perfettamente ad illustrare quanto la lavorazione dei tessuti, con tecniche lontane dalla produzione industriale, sia un concetto base nel processo creativo della designer, che è così perfettamente riuscita nell’intento di provocare in noi ricordi del passato, un passato magari immaginario dove maschile e femminile si mescolano tra loro, insieme a luci e ombre, creazione e distruzione. Perché la moda non è forse sogno?

 

Alessandra Zauli